domenica 16 marzo 2014

Una nave vecchia 100 anni... "LIEMBA"

"LIEMBA" ovvero "LA REGINA D'AFRICA"

Se non vedi..non credi...le parole, le foto ed i racconti non rendono a pieno ciò che l'imbarcazione più vecchia del continente africano regala ai miei occhi.
"Liemba", questo è il nome della nave costruita dai tedeschi cento anni fa e affondata nel 1916, fu recuperata 8 anni dopo dagli inglesi e rimessa in acqua.
I pezzi di questa nave sono tutti made in Germania e traspostati via treno da Dar es Salaam a Kigoma, assemblati in un anno e successivamente messa in acqua.
Siamo sul lago Tanganika al confine con il Congo e lo Zambia, qui si estende il bacino d'acqua dolce più lungo al mondo (660km) ed il secondo per volume d'acqua dato che é uno dei più profondi, ovvero 1436 m di profondità.
Nei confini della Tanzania, il porto più grande è Kigoma.
Kigoma, situata a nord del lago, è la prima tappa della Liemba, se si parte da nord e l'ultima se si parte da sud.
Da qui una nave soprannominata "La regina d'Africa" salpa due mercoledì al mese alle 5 di pomeriggio e attracca a Mpulungu in Zambia il venerdì in giornata.
Questa nave la possiamo definire il più grande mercato galleggiante dell'Africa, ossia tutto quello che non c'è da te lo porta LEI, dal cibo ai tessuti ai ricambi di macchina.
Le sue diciassette soste in tre giorni sono una cosa spettacolare, molte di esse non sono approdi, ma avvengono dei trasbordi di passeggeri e merci attraverso delle canoe o imbarcazioni in legno.
Questi trasbordi, sono una cosa surreale...la nave rallenta il motore, dal buio della notte si intravedono delle luci fioche avvicinarsi e prendere forma, sono canoe con gente e sacchi a non finire.
Mamme con bambini legati sulla schiena, bambini con secchi di pesce per salire a bordo e venderli ai passeggeri, borse e sacchi e ancora sacchi di pesciolini da portare al mercato in Zambia a vendere.
Una volta spenti i motori e gettata l'ancora arrivano a bordo le cime delle imbarcazioni, tra urla, il dondolio delle barche, gli occhi delle mamme con i loro piccoli sulla schiena non so dove guardare e cosa pensare; ora queste donne come fanno a salire sulla nave?
C'è un modo per tutto e per tutti, prima le donne con i bambini...vengono spinti a bordo, si proprio spinti perché un ragazzo da sotto spinge la donna verso l'alto dove si aggrappa alle braccia che l'aspettano sulla nave. Dentro di me penso "fa che tutto vada bene e che nessuno cada in acqua" e nello stesso tempo sono affascinata da tutto, le luci che rendono questa scena quasi surreale ma è lì davanti ai miei occhi, l'avevo letta in un'articolo ma non credevo fosse davvero così!
Caricati tutti i passeggeri ora è la volta della merce, che siano le 10 di mattina o le due di notte l'equipaggio è super attivo ed organizzato con tanto di braccio mobile che carica la merce a bordo!
E quando dico merce, dico tutto e niente, lo sapevate che su un barchino di legno ci possono stare un carrello, due motocoltivatori, 20 sacchi di farina 15 persone e molto altro? 
Beh vi dico che tutto è possibile sulla "Liemba".
Poi sul ponte si sente suonare una campanella, si spengono le luci, le imbarcazioni si allontanano, l'ancora viene salpata e via verso il prossimo attracco.
Questa nave oltre ad essere un mercato galleggiante, trasporta storie di vita una diversa dall'altra e di ogni paese.
Dal Burundi, al Congo, al Ruanda tutte queste persone hanno una storia e viaggiano dal nord del lago fino ad arrivare chi in un villaggio sulle sponde del lago chi alla fine a Mpulungu in Zambia.
In questo viaggio, grazie al kiswahili, ho potuto parlare con la gente, scambiare quattro chiacchiere con loro, che quando si accorgono che un "mzungu", ovvero un bianco parla la loro lingua sono felici ed incuriositi.
Due congolesi uomini d'affari sono diretti a Mpulungu, parlano congolese, inglese e kiswahili perfettamente, un ragazzo del Burundi, anche lui diretto in Zambia sta trasportando merce per il negozio della madre, molti mercanti popolano questa nave.
Ma non ci sono solo persone di affari, una ragazza di Kikoma di appena 18 anni sta andando a trovare dei parenti a Kasanga, mi racconta che purtroppo non ha potuto finire la scuola secondaria perché il padre è morto ed è la più grande di cinque sorelle, quindi ha dovuto lasciare la scuola per aiutare sua madre in casa.
Con un sorriso ed un attimo di timidezza ci mettiamo a chiacchierare e vuole imparare l'inglese, allora iniziamo a parlare poi vede la macchina fotografica e mi chiede una foto!
La macchina fotografica, è un aggeggio strano, a volte attira le persone, specialmente le ragazze, come un po' tutte noi sono vanitose quindi si fanno fotografare volentieri e si vogliono vedere e poi in quel momento iniziano le risate!!
Mentre a volte le persone sono spaventate e non vogliono assolutamente essere fotografate, specialmente le persone più anziane.
A Zanzibar, in un isoletta difronte a Kwenda, mi è successa una cosa buffa..arrivati al villaggio siamo stati accerchiati dai bambini, non saprei quanti fossero, ma davvero tanti..ma appena ti giravi con la macchina fotografica correvano e si nascondevano nei vicoli, era diventato quasi un gioco ormai...questo sciame di bambini che in un minuto si perdevano nelle stradine strette tra le case del villaggio.
Ma la macchina fotografica a volte non si riesce a tirare fuori, quando ti ritrovi nella terza o quarta classe della nave ai piani inferiori, dove tutte le persone stanno tutte accalcate in panche con i bambini sdraiati che dormono sui tavoli e le borse, valige a terra, lì non te la senti, è una foto che fai nella tua mente e poi cerchi di raccontarla.
Non te la senti di immortalarla, perché una persona che dorme a terra tra lo sporco in un corridoio di una nave non ti sembra giusto, ovvero non ci vuoi credere che qui le persone viaggino in queste condizioni, libri articoli te lo avevano raccontato ma finché i tuoi occhi non vedono tutto ciò, quei racconti non sembrano veri.
Ma le chiacchiere non finiscono, un bimbo mi si avvicina ed iniziamo a giocare con dei tappi delle bottiglie, poi é volta della mamma, l'amica, l'amica della amica e via si inizia a chiacchierare.
Mi chiedono cosa faccio e perché parlo la la loro lingua, così racconto anch'io la mia storia e quando vengono a sapere che lavoro in un orfanotrofio, mi ringraziano di aiutare i loro bambini.
Poi mi chiedono dell'Italia, della vita lì di quanto costa e del perché abbiamo pochi figli e così si chiacchiera e si ride per ore e si gioca con i bimbi.

Mi guardo attorno, sono su un ponte di una nave vecchia 100 anni, in mezzo al lago Tanganika, intorno a me ci sono persone che arrivano da tutto il mondo, persone come me che sono venute qui dal continente bianco a curiosare nel continente africano, altri "wazungu", ovvero bianchi con altrettante storie sono su questa nave.
C'è chi viene dall'America, per un viaggio studio, chi dall'Inghilterra come volontaria in un ospedale, chi sta cercando una strada per la sua vita, uno stato dove vivere, chi con le biciclette macinano dai 50 ai 100 km al giorno attraversando 5 stati in sei mesi, chi dal Sud Africa in moto cerca l'avventura in Nigeria, Congo, Tanzania oppure un padre come il mio che è venuto a trovare il suo figlio che lavora come volontario in Tanzania.
Tutti questi bianchi riuniti in questa nave è curioso, perché sulla terra ferma non si parlerebbero così tanto, anzi ma qui in questo spazio in questi giorni tutti parlano con tutti e l'inglese è la chiave di tutto.
E loro gli africani si chiedono ma i bianchi sono tutti amici e sono tutti un gruppo?Questa è una domanda che mi hanno fatto alcune persone, no tutti hanno un loro viaggio e per un attimo hanno incontrato quello degli altri e per tre giorni diventa un viaggio in comune e si chiacchiera e si sta insieme.


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